“All’inizio, quando si incontrarono, si amarono perché entrambi, per strade diverse, avevano conosciuta una estrema e solitaria infelicità.
La vita di lei era stata profondamente amara, la vita di lui precocemente sventurata.
Misero in comune l’amarezza e la sventura, e amorosamente cercarono di aiutarsi, si aiutarono, senza sperimentare né una tregua nell’amarezza né una metamorfosi della sventura.
Forti della unicità del loro legame, di quel segno negativo che lo contrassegnava, svilupparono attorno alla loro tristezza un amore costante, fedele, attento.
Si consolarono, nella certa consapevolezza, che nessuna consolazione era possibile.
Ciascuno dei due continuò ad essere quello che era stato nella vita precedente, ma insieme vissero un rapporto che non negava, ma in qualche modo metteva in comune il dolore.
Ma l’amore ha le sue malizie.
Per qualche tempo, l’amore, reciprocamente all’amarezza ed alla sventura, passava per colui o colei che viveva quella condizione ; ma poiché quella condizione era il fondamento e la garanzia, e il senso del loro amore, ciascuno cominciò ad amare direttamente l’amarezza e la sventura dell’altro ; se ne eresse a custode, e cominciò a badare che l’altro non si scostasse troppo dalla propria angustia.
Ciascuno divenne geloso del dolore dell’altro e in breve avrebbe considerato una infedeltà ogni tentativo di scostarsi da quel dolore.
Poiché erano di natura costante, ciascuno imparò ad amare il proprio dolore come pegno dell’amore dell’altro.
In questo modo la loro condizione amorosa raggiunse un perfetto equilibrio in cui ciascuno giungeva al centro dell’altro attraversando e controllando i territori della sua angoscia.
Ogni giorno ciascuno verificava che la propria e altrui angoscia fossero intatte.
Cercarono anzi, di incrementare e perfezionare le loro sofferenze ; in un primo tempo, accrescendo ciascuno le proprie ; in seguito, ciascuno operando ad accrescere la sofferenza dell’altro.
Si conobbero a fondo, e con pazienza e acume si trafissero reciprocamente, e si lasciarono trafiggere.
Ciascuno accompagnò l’altro verso una irreversibile degradazione.
Ora, non ignari, stanno attentamente preparando la meticolosa, lenta, reciproca distruzione.”
Io credo che in ognuno di noi sia celato Narciso.
E’ un Narciso che tuttavia ricerca il proprio riflesso per riuscire ad amarsi, e per questo cerca una superficie su cui riflettersi.
Non è un amore “estetico” ma il bisogno di accettarsi, la ricerca di quella sicurezza che pare sempre sfuggirci e che è la condanna dell’uomo, quella creatura che si crede grande ma che è solo un microscopico punto in un universo di cui non sa nulla.
E’ questo un difetto di fabbricazione.
Narciso non ha bisogno che di un qualcosa che rifletta la propria immagine. E sovente non c’è miglior specchio che un’altra persona, usata come mera superficie riflettente.
Non ha bisogno degli altri, Narciso, poichè li respinge senza volerli conoscere, non gli interessano nel modo più assoluto.
macome ha fatto Leocorno ad arrivare quì?
Continuo a cercarmi con l’impressione costante di esser lì lì per trovarmi, senza poi mai riuscirci.
E’ questa tensione che mi guida, ma negli altri ho smesso di cercare me stesso perchè negli altri può esserci ciò che io non possiedo ma che probabilmente ricerco.
Narciso è un autarchico, io no.
E tu?
Una forma nascosta di narcisismo in cui l’uno si specchia nell’altro e nell’altro ricerca l’immagine riflessa di se stesso per amarla e odiarla.
Quasi che sia, l’altro, un tempio in cui attraverso questa reciproca religione l’uno è al contempo divinità, fedele e officiante del rito.
Della tua riflessione mi risalta agli occhi l’idea che sia possibile amare di qualcuno più le debolezze, i limiti, i difetti, le piccolezze, le manchevolezze che non la forza, la positività, le aperture, … perchè… sulle prime forse è possibile far leva per confermarsi, risollevarsi, anche se a scapito dell’altro.
Il copione della vittima e del carnefice… in un rapporto simbiotico…
è brutto imparare ad amare. Si dovrebbe amare e basta. Purtroppo gli uomini rovinano tutto ciò che c’è di bello.in fondo in fondo, l’amore è come l’amazzonia…
come una speranza, le luci ci sono
celate, si lasciano vedere a tratti..
Un forte abbraccio a te, carissima Margot!
TEST :
meglio un TVB
o quello li
cat
Però..tocchi raramente ma quando lo fai lasci il segno, stavolta con incisioni profonde, dolcemente avvelenate. E poi, un’altra cosa, più importante: è la prima volta che trovo, qui, le sublimi screziature che mi rammentano Borges.
Lo conosci, immagino. Lui era maestro nel dimostrare il sogno come fosse un teorema.
P.S.
Ripeto: volevo riguardare la tua foto nel tuo mediablog e non ci riesco.L’hai tolta, ragazza?
🙂
Ciao
Scaramouche